LO STILE SHOTOKAN
Shoto (松濤) significa “brezza nella pineta” (o più precisamente “onda di pino”) ed era lo pseudonimo che il maestro Funakoshi utilizzava per firmare le sue poesie ed i suoi scritti.
La parola giapponese Kan (館) significa invece “sala” ed è riferita al dojo. In onore del loro maestro, gli allievi di Funakoshi crearono un cartello con la scritta Shoto-Kan che posero sopra l’ingresso del dojo in cui egli insegnava. In realtà il maestro Funakoshi non diede mai un nome al suo stile, definendolo semplicemente “Karate”.
La pratica dello Shotokan è in genere divisa in tre parti:
1 – Kihon (i fondamentali)
2 – Kata (forme o sequenze di movimenti, ovvero un combattimento reale contro uno o più avversari immaginari)
3 – Kumite (combattimento)
Le tecniche eseguite nel Kihon e nei Kata sono caratterizzate, in alcuni casi, da posizioni lunghe e profonde, che consentono stabilità, permettono movimenti forti e rinforzano le gambe. Le tecniche del Kumite rispecchiano queste posizioni e movimenti al livello base, ma con maggior esperienza diventano più flessibili e fluide. Nel Karate Khotokan, inoltre, si usano tecniche di leve e di proiezioni.
Il maestro Gichin Funakoshi espose i Venti Principi del Karate o Niju Kun, che costituirono le basi della disciplina. In questi principi, fortemente basati sul Bushidō e sullo Zen, è contenuta la filosofia dello stile Shotokan. Essi contengono nozioni di umiltà, rispetto, compassione, pazienza e calma sia interiore che esteriore. Il maestro Funakoshi riteneva che attraverso la pratica del karate e l’osservazione di questi principi, il karateka era in grado di migliorarsi. Lo stesso maestro Funakoshi scrisse: lo scopo ultimo del Karate non si trova nella vittoria o nella sconfitta, ma nella perfezione del carattere dei partecipanti.